Fotografie d’infanzia

Il mio tributo alla memoria, ai ricordi, al tempo che passa e alle cose che non si dimenticano

Scatolone pieno di foto. A casa mia le foto sono conservate nello stesso scatolone da 40 anni. Alcune fotografie sono sistemate negli album con gli indimenticabili fogli trasparenti, in cui infilare le foto era una procedura difficilissima da piccoli… Altre sono lasciate libere nello scatolo, perché prese e riprese e poi conservate di fretta.

Quella procedura di ‘infilare’ le foto negli albumini, dicevo, me la ricordo bene. Impegnava i pomeriggi o le sere di inverno, quando mamma o papà tornavano a casa con ‘le foto’. Il rullino aveva prodotto i suoi frutti, e noi li avevamo raccolti. Busta bianca col cognome della mia famiglia e il costo totale…poi la scritta a penna Pagato. Con voracità aprivamo la busta e uscivamo fuori tutte le foto, un attimo e poi il malloppo delle foto si faceva in piccoli pezzi, ognuno ne prendeva uno e cominciava a spulciarlo. Un attimo di silenzio in cui sorpresa, meraviglia ed emozioni erano condivise.

C’erano tipi come me che spulciavano in fretta, e altri come mia madre o mia sorella, che ad ogni foto facevano una specie di autopsia…Mio padre era quello silenzioso, non traspariva nulla delle sue emozioni. Mio fratello rideva come uno scemo ogni volta che poteva, se c’era una foto buffa o qualche faccia venuta male. A volte ridevo anche io, a volte preferivo rimanere nel mio cantuccio emozionale, a guardare le fotografie.

Il momento del ritiro delle foto era un momento che univa la mia famiglia, in quelle sere era tutto più tranquillo.

Erano gli anni 90, quando ancora esistevano i rullini, e non c’era alcuna altra forma di fotografia, se non quella cartacea, almeno per noi. Poi quando crebbi, iniziò l’era del digitale: i rullini scomparvero, le foto non si stampavano più…si guardavano su un monitor, o sulla tv, attaccando un cavo che univa la macchina fotografica alla tv. In più di 10 anni non abbiamo mai rivisto una foto in digitale.

La prima volta che abbiamo ripreso lo scatolone delle fotografie d’infanzia avevo circa 15 anni. Non le avevo mai viste tutte insieme, come fosse una specie di raccolta. Ero cresciuta con la semplice abitudine che le foto si scattassero, e poi si stampassero.

L’ idea che le avremmo riviste dopo tempo non mi aveva mai sfiorato. In realtà, scopro oggi, il mio tempo si misura proprio su quello scatolone. E’ uno scatolone marrone, c’è una ‘O’ marcata in grassetto. dentro ci sono circa 30/40 piccoli album, più qualche busta di carta ancora piena, e una in stoffa dura che mio padre usava come porta macchina fotografica 50 anni fa.

A 15 anni, quando la mia famiglia riprese le foto, ero annoiata. Mi sembrava inutile il solo fatto di guardarle, in fondo sapevo cosa c’era nelle foto, me lo ricordavo. Ancora una volta, capisco oggi, il mio concetto del tempo non era ancora nato. Non immaginavo che ci fosse qualcosa prima di me, prima di quello che io potevo ricordare. Quando vidi le foto di mio padre e mia madre da giovani, io non vedevo la differenza: erano solo vestiti in modo più ridicolo e fuori moda. In fondo anche a quel tempo erano giovani, mia madre era solo più ingrassata, mio padre era solo più arrabbiato. Quando poi vedevo me stessa riflessa in quella carta lucida era il delirio…che vergogna! quanto ero goffa, occhialuta e carina a volte! Ero cosi piccola, non mi riconoscevo per nulla…Non riuscivo a concepire di essere stata una bambina, mi sentivo cosi grande, come se fossi nata già così, grande.

La seconda volta che abbiamo ripreso le foto è stato dopo i miei 20 anni. Lì avevo già capito il valore delle fotografie, infatti avevo comprato un enorme album fotografico, di quelli in cui puoi mettere più foto in ogni pagina, dove trovi anche lo spazio per scrivere affianco un pensiero o una data…Ne ho comprato uno per raccogliere le foto della mia vita, cosi da riguardarle un giorno, e non dimenticare. Si, avevo già capito qualcosa.

Riguardando di nuovo i miei genitori, a 20 anni, iniziavo a notare qualcosa in loro, una bellezza particolare: era la giovinezza. Loro diventavano più grandi, più adulti, più arrabbiati e più stanchi. Nelle foto invece erano sempre sorridenti o spensierati, con le facce pulite e lisce. I vestiti ora mi sembravano vintage, non ridicoli. E iniziavo a toccare quelle foto con lo stesso rispetto con cui le prendevo quando ero piccolina, appena uscite dalla busta bianca del fotografo. Lo stesso rispetto che una bambina ha a quell’età per una cosa cosi magica.

Infine, siamo qui, ai miei 30 anni…è qui che volevo arrivare. C’ho messo un po’, sperando che possa rendere giustizia ad una cosa così grande.

A 30 anni ho ripreso le foto, le ho chieste io. Pensavo di averne bisogno, pensavo di dovere vedere le mie fotografie di infanzia, le foto della mia famiglia. Negli anni le cose sono cambiate, i miei fratelli e sorelle sono più distanti fisicamente, e non solo. Mio padre è diventato vecchio, solo mia madre mi sembra sempre uguale. Lei è come me forse, eterna bambina. Alcune persone sono andate via, prima del tempo.

Alla mia età vedo per la prima volta davvero le foto dei miei genitori: sono come me adesso, giovani e belli. Ma anche pieni di paure, di speranze. Vedo i loro sorrisi e per la prima volta mi sembrano davvero belli, ma belli in maniera incredibile, esagerata…il confronto con l’attuale si è fatto più cattivo, il tempo li ha cambiati troppo. E per la prima volta vedo anche loro, mio fratello e mia sorella. Adesso mi sembrano cosi piccoli nelle foto, cosi dolci. Mi fanno tenerezza e quasi mi mancano, mi mancano da bambini. Vedo foto in cui siamo io e mio fratello, che giochiamo insieme, e mi viene voglia di tornare a quell’istante e giocare di nuovo. Come fossimo ancora bambini. Senza pensare a cosa sarebbe stato dopo, a come sarebbe stato difficile crescere ed essere felici.

Vedo per la prima volta una foto in cui ci sono io, piccolissima, mangiare una fetta di torta di compleanno: mia nonna mi guarda apprensiva e mia madre accanto a me mangia un pezzo di torta ma bada al mio fratellino, contentissimo di mangiare quella torta con mamma e nonna. Eravamo un quadretto meraviglioso, eravamo tutti felici. Almeno così sembra, ma è questo che conta. Non conta se in quel momento avessimo delle preoccupazioni, in quel preciso istante della foto, eravamo tutti felici. Forse mia nonna…era preoccupata per me. Piangevo sempre quando ero piccola e non ridevo mai. Come oggi d’altronde, ma pensavo fosse diverso da piccola, a quanto pare è sempre stato cosi. Mia nonna si preoccupava per me e spendeva il doppio del tempo per farmi calmare e smettere di piangere. Forse è per quello che, quando lei era anziana e malata ero sempre io ad andare con mia madre in ospedale. Mi prendevo cura di lei, le accarezzavo la testa e le imboccavo la frutta cremosa. E lei, tranquilla, accettava tutto. Mia madre accanto non diceva nulla, ci guardava. Ho restituito a mia nonna un po’ di tutto ciò che lei mi aveva dato. A questo servono le foto, a rivedere la propria vita.

Ci sono delle foto in cui mia madre è bellissima, perché è felice, ed anche mio padre. Sono abbracciati e ridono, si vede tutto il luccichio nei loro occhi in quelle foto. Si vede mia madre con un vestito bellissimo, mio padre con una vita davanti essere affascinante e già pieno di dolore. Entrambi avrebbero potuto posare per case di moda, tanto erano spilungoni e magri. Mia madre con i suoi lineamenti marcati, gli occhi celesti e un sorriso bellissimo. Come il mio. Erano dei ragazzini, come me. Ed erano felici.

Le foto che scatto adesso mio figlio potrebbe guardarle fra 30 anni, ma penserebbe che io sono felice? Si, perché quando sono triste non faccio foto. Sto stampando delle foto adesso? No. Magari le guarderà in un computer.

Se ti piace come scrivo, puoi leggere qui una mia raccolta di ‘ruminazioni mentali’ col titolo ‘Chiacchiere di Domenica‘ :https://www.miocarodiario.it/wp-admin/post.php?post=125&action=edit

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Buona Lettura 🙂

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